Il Villaggio nuragico di Antas
PREMESSA
Per comprendere meglio come la Sardegna, e in particolare la Valle di Antas, siano state teatro di numerose colonizzazioni da parte di civiltà diverse nel corso di diversi lustri, si deve risalire a milioni d’anni prima, è stata infatti la lenta sequenza degli eventi geologici che ne ha fatto una terra ricchissima sotto molti aspetti.
Isolata, ma al centro del bacino mediterraneo la Sardegna era facilmente raggiungibile sia da oriente che da settentrione, con un clima ideale per la maggior parte dell’anno, ricca di anfratti e porti naturali, grotte carsiche da sfruttare come riparo.
Fu soprattutto il suo tesoro minerario che segnò il graduale popolamento fin dal Paleolitico dove inizialmente la selce ma poi la scoperta del grandioso giacimento di ossidiana “l’oro nero della preistoria” del Monte Arci nell’oristanese, diedero avvio allo sfruttamento del sottosuolo.
Nella zona del Fluminese, tra Fluminimaggiore e Buggerru, affiorano rocce antiche risalenti ai primi periodi dell’era paleozoica (570 milioni di anni); racchiusi all’interno di questi giacimenti oltre ai minerali si trovano resti fossili di straordinari animali come Trilobiti, Archeociatidi, Briozoi, Brachiopodi, Ortoceratidi che posero le basi alla lenta evoluzione che portò all’origine dell’uomo.
VILLAGGIO NURAGICO
L’area archeologica di Antas ricopre un ruolo fondamentale per la storia del fluminese e dell’isola: fu sede a partire dall’età nuragica di un santuario nel quale si svolgevano i riti e le celebrazioni di un culto eroico.
Il villaggio risalente al 1200 a.C. (Età del Bronzo), non è mai stato interessato da ricerche approfondite ma semplicemente messo in luce durante la campagna di scavo del 1966/67.
Sono stati evidenziati i ruderi di ambienti a forma circolare, edificati utilizzando pietre di piccola pezzatura cementate con malta e fango, ricoperti da un tetto conico di rami e frasche; tra i reperti sono stati rinvenuti manufatti e vasellame, punte e lame in ferro, piombo fuso, scorie di lavorazione del vetro e ossidiana.
Il piccolo villaggio, cinto da un muro curvilineo, venne parzialmente riadattato in epoca tardo romana. Tra il muro e le abitazioni sono state scoperte quattro tombe a cassone romane attualmente ricoperte dalla vegetazione
Le capanne affiancano un sentiero che collega le zone minerarie dell’iglesiente con la costa occidentale, passando per la vicina Grotta di Su Mannau luogo dedicato al culto delle acque e tappa fondamentale dal mare all’entroterra. Nel sentiero, chiamato poi Antica Strada Romana, sono evidenti i tagli a sezione obbligata ricavati nella viva roccia per consentire il passaggio dei carri a traino.
Il sentiero raggiungeva in breve tempo (circa un’ora di cammino) la cavità carsica, di notevole interesse speleologico, con uno sviluppo di oltre 8000 metri di cui 700 resi fruibili con una passerella che si inoltra tra ampie sale, stalattiti, stalagmiti e verdi laghetti. La prima parte della grotta denominata Sala archeologica, fu per un lungo periodo un vero e proprio tempio sotterraneo dedicato al culto dell’acqua, simbolo di fertilità femminile e identificato nella Dea Madre portatrice della vita. Centinaia di frammenti di lucerne votive, ancora visibili, ne sottolineano l’uso religioso.